PRINCIPI

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  1. sottocutaneo
     
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    CALIBRO


    Il calibro indica il diametro interno o esterno di un tubo. Deriva dall'arabo qâlib, che significa forma, stampo, matrice.
    Il termine è impiegato nella maggior parte dei casi per le armi da fuoco e indica il diametro interno della canna, misurato al netto dei pieni della rigatura o il diametro dell'anima nel caso di canne lisce. Nel primo caso si dice calibro 'nominale', nel secondo si dice calibro 'reale'.
    Nelle convenzioni italiane il calibro viene espresso in millimetri, quindi la frase "fucile calibro 5,56" indica che il diametro interno della canna è pari a 5,56 mm.

    Inizialmente il calibro delle armi da fuoco, soprattutto delle grosse bocche da fuoco (artiglierie), era misurato in base al peso della palla, quindi in libbre. Questo sistema è rimasto in uso in Europa fino a circa metà del XIX secolo, mentre in Gran Bretagna è rimasto in uso fino alla fine della seconda guerra mondiale.
    Nel 1774 il generale Gribeuval standardizzò il calibro dei cannoni francesi su pochi valori: 2 da assedio o da fortezza (24 lb e 16 lb), 3 da campagna (12 lb, 8 lb e 4 lb) e 1 da montagna (1 lb) ed a soli 2 obici (6 lb e 8 lb), ben presto imitato dagli inglesi che ridussero ulteriormente il numero di calibri. Con questi calibri combatterono le artiglierie sotto il comando di Napoleone.
    Dopo le guerre napoleoniche le grosse bocche da fuoco ebbero un'evoluzione notevolissima, ed una delle innovazioni più rilevanti fu che non furono più usati proiettili a palla piena, ma granate contenenti esplosivo, con forma meno regolare. A quel punto il peso del proietto non era più l'unico indicatore della capacità distruttiva del proietto stesso, quindi si passò ad utilizzare una misura lineare (centimetri o millimetri) per misurare il calibro. Negli Stati Uniti si conservò la misurazione in pollici o centesimi di pollice.
    A parte poche eccezioni il calibro delle armi da fuoco individuali nel corso della seconda metà del XIX secolo si stabilizzò sui 13 mm e sui 10 mm per le armi ad avancarica e sui 9 mm (0,38 in) per le prime armi a retrocarica, per poi diminuire, nel corso del XX secolo, fino a 7,62 mm (0,30 in) ed addirittura a 5,56 mm (0,22 in). Questa riduzione nel calibro è stata scelta in base al fatto che l'energia del proietto è data più dalla sua velocità che dal suo peso. Con i moderni esplosivi infatti si possono imprimere a questo velocità altissime (entro certi limiti ma tanto maggiori quanto più leggero è il proietto stesso) che lo rendono molto più efficace.

    La lunghezza della canna (specialmente per le artiglierie) nella regolamentazione italiana è indicata in calibri. La lunghezza reale della canna (dal vivo di volata al vivo di culatta) è divisa per il calibro dell'arma (espresso nella stessa unità di lunghezza) per dare un valore (arrotondato all'intero più vicino).
    Esempi:
    Il cannone contraerei Breda Bofors da 40 mm ha una canna lunga 2,8 m, quindi viene indicato come cannone 40/70.
    I cannoni principali delle corazzate classe Iowa (USA) avevano una calibro di 16 in ed una lunghezza della canna di 800 in, quindi venivano indicati come cannoni 16"/50 (o, in termini metrici, 406/50).
    Nella terminologia tedesca il calibro è indicato in centimetri, invece che in millimetri, e generalmente alla lunghezza è premesso il prefisso L, quindi il cannone del PzKpfw IV H, (un 75/48 nella terminologia italiana) era indicato come 7,5 cm KwK L/48

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    CARICA CAVA



    Il principio di funzionamento della carica cava è applicabile al concetto secondo cui non è il proiettile vero e proprio a comportare il danno maggiore per il bersaglio, bensì l’esplosivo alloggiato al suo interno e più specificatamente il “suo modo di esplodere”.

    Il fenomeno fu studiato da Chermes E. Munroe nel 1888 e poi da Egon Neumann nel 1910 e consisteva nell’operare la parziale concentrazione dell'energia causata da un vuoto incavato in un pezzo di esplosivo. Così facendo, tutta l’energia veniva concentrata nell'incavo praticato nella carica, dal quale essa fuoriusciva diretta sul bersaglio sottoforma di un getto di materia fluida alla temperatura di circa 2000 gradi centigradi.

    I modi con cui i due studiosi scoprirono l’effetto di quella che poi sarebbe diventata “la carica cava” furono in entrambi i casi singolari. Munroe, mentre lavorava alla Naval Torpedo Station a Newport, negli Stati Uniti, osservò che quando si faceva detonare nei pressi di una lastra di metallo un blocco di fulmicotone in cui era inciso il nome del suo produttore, l'iscrizione veniva incisa nella lastra. Se le lettere erano in rilievo rispetto al resto del fulmicotone, allora le lettere sulla lastra venivano impresse allo stesso modo, in rilievo rispetto alla superficie.

    Egon Neumann notò invece che il TNT che conteneva un incavo di forma conica lacerava una lastra di metallo che, in condizioni normali, veniva solo intaccata dalla stessa quantità di esplosivo.

    Tuttavia le scoperte dei due non furono messe in pratica fino allo scoppio della Seconda Guerra mondiale, quando le esigenze belliche imposero alla ricerca scientifica di trovare esplosivi e proiettili sempre più efficaci contro le corazzature di mezzi e fortificazioni che, nel frattempo, erano via via andate sempre più incrementandosi.

    La palma dei “primi arrivati” spetta agli inglesi, i quali misero a punto la loro “British No.68 Rifle Grenade”, che venne utilizzata già nel maggio del 1940.

    L’effetto della carica cava venne subito dopo incrementato rivestendo di una sottile lamina metallica l’incavo dell’esplosivo; tale accorgimento aumentò in maniera esponenziale l’effetto delle cariche cave, rendendo possibile la realizzazione di ordigni di piccole dimensioni, trasportabili anche da un solo uomo (vedasi il panzerfaust tedesco).

    In questo modo, all'atto dell'esplosione, l'incamiciatura metallica veniva distrutta e ridotta in una miriade di piccoli pezzi, che si disponevano in un fascio sottile perpendicolare alla superficie di impatto.

    La velocità era elevata (10.000 m/s) e quindi, tale getto, perforava la corazza metallica.
    La pressione successiva, causata da frammenti metallici più grossi successivi e dai gas di scoppio (circa 300.000 kg/cm²), forzava lateralmente il foro prodotto, allargandolo.
    I gas dell'esplosione ad altissima temperatura penetravano infine nell'abitacolo, provocando l'esplosione del carburante e delle riserve di munizioni.

    Nelle applicazioni militari moderne, l'ordigno a effetto Munroe che utilizza il principio della carica cava, pratica una penetrazione in una corazza di solido acciaio pari al 150-250% del diametro dell'ordigno. In applicazioni non-militari, invece, le cariche cave sono apprezzate per la loro versatilità e velocità. Poche centinaia di libbre di cariche cave ben piazzate possono demolire un edificio più velocemente di alcune centinaia di tonnellate di macchinari, e nella manifattura dell'acciaio piccole cariche cave sono spesso usate per forare rubinetti che sono rimasti tappati da scorie.



    VANTAGGI E SVANTAGGI

    L’impiego dei proietti e razzi a carica cava presenta vantaggi e svantaggi. I primi sono senz’altro rappresentati da aspetti “pratici” e più precisamente:

    -Piccole quantità di esplosivo sono in grado di forare corazze molto spesse (Con 5 kg di tritolo, su una piastra di acciaio di 20 mm di spessore, si può ottenere un foro del diametro di 45 mm.

    -La carica cava ha lo stesso potere penetrante a prescindere dalla velocità del vettore che la trasporta; che sia esso un razzo o proiettile ad alta velocità o meno e, al limite, puo agire anche “da ferma”, come nel caso appunto delle cariche usate ad Eben Emael nel 1940 dai tedeschi.

    -Le caratteristiche sopra elencate consentono di realizzare armi anticarro leggere e semplici da maneggiare, adatte all’uso di un singolo militare.



    Gli svantaggi, se vogliamo, sono intrinseci nei vantaggi:

    -In primo luogo l’esplosione della carica cava deve avvenire ad una distanza ottimale dal bersaglio, in modo da dare modo al “Jet” di materia incandescente di formarsi.

    In genere tale distanza viene data dall’ogiva del proiettile o del razzo, la quale è solitamente vuota e serve solo come “distanziale” nei confronti dell'esplosivo posto dietro.

    -Nel corso degli anni sono state messe a punto contromisure abbastanza efficaci contro le cariche cave, prima tra tutte la “corazza reattiva” ( inventata dagli israeliani e denominata “Blazer”). Questa è praticamente un contenitore della grandezza simile ad una scatola da scarpe, riempito di esplosivo a basso potenziale. La scatola viene poi fissata sulla corazza del mezzo in un certo numero e, quando arriva la carica cava, essa esplode con un effetto verso l’esterno “rompendo” il getto di fuoco della carica cava e non dando ad esso modo di penetrare.

    -Un’altra contromisura sono le corazze distanziate, ovvero un primo strato di corazzatura non spessa intervallato da un vuoto e poi dalla corazza vera e propria. In questo modo la prima corazzatura fa detonare il proiettile, mentre poi il vuoto assorbe e rompe il getto di fuoco prima che esso arrivi a contatto con la corazzatura vera e propria. Questo principio venne attuato dai tedeschi nella seconda guerra mondiale per i propri carri armati, sui quali vennero montati pannelli distanziatori chiamati “Schurzen”.


    image
    Lo schema di funzionamento di una carica cava, nel quale viene evidenziata la formazione dello "Slug", ovvero il getto infuocato ad altissima temperatura e velocità capace di perforare la corazza.


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    POTERE D'ARRESTO


    Con il termine "potere di arresto" o "Stopping Power" si indica la capacità di un proiettile di rendere l'avversario (o il selvatico aggressivo) immediatamente incapace di agire o di reagire anche se non colpito in punti proprio vitali.
    In molti casi, specie in combattimento, non ci si può permettere che il nemico colpito e pieno di adrenalina abbia ancora la possibilità di rispondere al fuoco.
    Questa capacità del proiettile dipende da vari fattori:
    1) L'energia che sta ad indicare il lavoro meccanico che il proiettile può compiere sui tessuti del corpo; più energia ha il proiettile, tanto più esso può penetrare protezioni e muscolo, tanto più può spezzare ossa. Ma attenzione, quella che conta non è l'energia assoluta, ma quella che il proiettile riesce a cedere.
    2) La deformabilità del proiettile e quindi la sua struttura, poiché essa gli consente di cedere maggior energia al corpo e su di un'area più ampia.
    3) La capacità di penetrazione e quindi la sua forma e struttura, che deve essere tale da non far uscire il proiettile dal corpo oppure di farlo uscire con una energia residua minima.
    4) La velocità del proiettile poiché da essa dipende l'energia e perché quanto maggiore è la velocità, tanto maggiore è l'onda d'urto che si propaga nel corpo. Un proiettile lento può passare ad un cm dal cuore senza fargli alcun danno; un proiettile veloce può danneggiarlo anche se passa a 20 cm da esso. Quando il proiettile viaggia a velocità supersonica (oltre 340 m/sec circa) crea avanti a se il cono di Mach e la relativa onda d'urto e, quando entra in un corpo elastico, un'onda di compressione che all'allontana i tessuti in direzione perpendicolare al tramite. Si crea quindi una cavità a forma conica allungata, con la parte sottile in avanti; la cavità è tanto maggiore quanto meno elastico è il tessuto. La pressione creata dal proiettile fa sì che solo la punta viene a contatto con i tessuti in quanto si crea un tramite che è maggiore del diametro del proiettile. La cavità che si è creata, dopo pochi millisecondi si richiude ma, non essendosi ancora esaurita l'energia, rimbalza alcune volte così che la cavità si comporta come un corpo pulsante.
    La cavità di cui abbiamo parlato viene detta "cavità temporanea", ma più propriamente si deve distinguere:
    - la cavità permanente o tramite che è la zona di tessuti strappati con danni macroscopici, per effetto dell'espansione della cavità.
    - la zona emorragica (zona di extravasatazione) caratterizzata da piccole emorragie che diminuiscono via via che ci allontana dalla zona del tramite; è la zona in cui i tessuti sono stati allungati e stirati ma con conseguenze solo sui piccoli vasi e nervi.
    La somma di queste due cavità ci dà la cavità temporanea il cui volume è proporzionale alla energia ceduta secondo questi parametri: il tramite è pari a cmc 0,3 per ogni chilogrammetro di energia ceduta, la zona emorragica è pari a cmc 3,5 per ogni kgm, la cavità temporanea a cmc 7,7 per ogni kgm (per l'acqua il coefficiente sarebbe 87, ben 11 volte superiore!).
    Il problema sta nel definire la capacità del proiettile di cedere energia.Se si prendono due proiettili con eguale energia quello di minor calibro (e quindi con maggior velocità se si vuole ottenere la stessa energia di quello più pesante) cede maggiore energia ai tessuti attraversati perché la cessione è inversamente proporzionale alla densità sezionale ed è per questo motivo che l'orientamento attuale per i fucili è quello di proiettili di piccolo calibro, ma ad alta velocità. La cessione di energia è maggiore se il proiettile si deforma e aumenta quindi il suo calibro momentaneo; la cessione è anche maggiore quanto maggiore e l'angolo di precessione del proiettile: in altre parole se il proiettile non è ben stabilizzato; tra l'altro un simile proiettile crea una cavità temporanea irregolare e "bitorzoluta". L'effetto "esplosivo" è particolarmente accentuato con proiettili aventi velocità superiore a 800 m/sec.
    Ricordo che l'effetto di spinta all'indietro del proiettile, come si vede nella maggior parte dei film è del tutto inesistente; non è vero che un uomo o un selvatico colpito da un proiettile venga rovesciato o spinto all'indietro o che la sua corsa verso il tiratore venga rallentata per effetto dell'impatto del proiettile; anzi l'esperienza venatoria insegna che è più probabile che l'animale colpito da fermo cada verso il tiratore!

    Sono stati effettuati vasti studi per cercare di determinare un criterio scientifico per valutare il potere di arresto di un proiettile, ma con scarsissimi risultati. E in effetti la ricerca aveva poco senso. Si consideri che per le armi corti i calibri in uso sono una diecina e che non ha senso studiare una formula matematica per un così ridotto ambito di applicazione; si fa molto più presto a compilare una tabella con i risultati degli esperimenti compiuti!

    Edited by sottocutaneo - 29/6/2009, 08:03
     
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